numero

| © blogMagazine pensato, realizzato e pubblicato in rete da Giorgio Seveso  dal 2011   |    Codice ISSN 2239-0235 |

Ottobre 2022

LE INQUIETUDINI

DEL TEMPO

Una installazione polimaterica di Nino Tricarico La mia inquietudine di oggi, quella che vivo in questo tempo “scombinato”, è come quella di Van Gogh, che s’interrogava sul significato dell’esistenza dell’uomo nel mondo e si poneva, naturalmente, dalla parte delle vittime: lavoratori sfruttati, contadini ai quali l’industria aveva rimosso il sentimento etico e religioso del lavoro della terra. Aveva sostenuto con passione le proteste dei minatori, la rivolta dei contadini mangiatori di patate. La sua rivolta è tutta nella pittura che non ha il potere di cambiare il mondo e che l’artista paga con il manicomio e il suicidio. La mia è apparentemente più discreta, si legge meno sul volto o nei gesti, mi impedisce di vivere una vita normale, sorridente, ma non mi toglie la speranza, la convinzione che l’arte possa scuotere le coscienze e modificare il mondo, riaffermare il ruolo dell’artista/uomo nell’attraversamento del suo tempo. C’è un fronte dal quale arrivano Cartoline e lettere, caratterizzato da due tipologie, una esterna, dove si sommano stati di emergenza continui pandemia, guerra, terremoti mutamenti climatici e un fronte interno, quello dentro di noi, dove cresce l’inquietudine per un futuro non più ricco di promesse, ma teso a delineare sempre nuove minacce. È da questa duplice linea di combattimento che arrivano le cartoline, le lettere dal fronte Sono missive cariche di segni enigmatici: chiazze di colore dalle forme inquietanti, fantasmi cromatici, presenze/assenze spettrali. Altri segni, più espliciti e riconoscibili, paiono epifanie di volti, sagome di corpi scomposti, o frammenti di scritture scarabocchiate in una tregua della battaglia: caratteri appena accennati che lasciano spazio all’interpretazione del destinatario. Memorie indirizzate a chi è rimasto, e scruta nelle teche che raccolgono anonimi reperti alla ricerca ansiosa di un messaggio, una traccia di vita. La bicromia rosso/nero, cui si aggiunge talvolta un tocco di bordeaux, senza altre concessioni al colore. Sangue sparso, rappreso sull’asfalto, unghie smaltate di rosso che si mescolano al fango. La precarietà del materiale usato, il suo essere spiegazzato, stropicciato, si addice ancora di più alla tematica e ne amplifica la carica evocativa. Festoni di carta scottex e fotografica. Supporti poveri, provvisori con finta scrittura come ideogrammi che parlano di eventi dolorosi, della contemporaneità, del tempo. Nel loro susseguirsi raccontano il conflitto, la mancanza di tregua all’interno e all’esterno dell’uomo. Mettono in risalto la fragilità e la frammentarietà dell’esistenza, ma anche il desiderio di restare attaccati alla vita. Altri materiali utilizzati, pannelli di polistirolo e sculture piane di acciaio inossidabile su cui le cartoline restano “aggrappate”, rappresentano l’inquietudine, il dramma collettivo e individuale sublimato dalla leggerezza, dal balsamo dell’arte. Sono cartoline destinate a tutti noi che, in questi tempi di precarietà, aspettiamo notizie dal fronte, sgomenti per le molteplici forme assunte dal male, soggetti a condizioni estreme che lanciano una sfida ai limiti biologici. Noi che non ci arrendiamo, continuiamo a lottare, tenacemente legati ad un filo di speranza.

riContemporaneo.org | opinioni, polemiche, proposte sull’arte contemporanea

13 Nino Tricarico  Potenza 1938, pittore e scultore italiano.  Nel 1957 a Napoli segue gli studi alla Facoltà di Chimica, contemporaneamente frequenta la cerchia di artisti raccolti intorno all'Accademia di Belle Arti. Sul finire degli anni 60 torna in Basilicata per stabilirsi a Potenza, e da allora espone in Italia e nel mondo. A partire dagli anni 80, insieme a Gerardo di Fiore, Errico Ruotolo, Massimo Bignardi e altri, ha fondato il gruppo del "Nuovo Lirismo".
Brani dall’installazione

polemiche e proposte sull’arte contemporanea

13

Ottobre 2022

LE INQUIETUDINI

DEL TEMPO

Una installazione polimaterica di Nino Tricarico La mia inquietudine di oggi, quella che vivo in questo tempo “scombinato”, è come quella di Van Gogh, che s’interrogava sul s i g n i f i c a t o d e l l e s i s t e n z a dell’uomo nel mondo e si poneva, naturalmente, dalla parte delle vittime: lavoratori sfruttati, contadini ai quali l’industria aveva rimosso il sentimento etico e religioso del lavoro della terra. Aveva sostenuto con passione le proteste dei minatori, la rivolta dei contadini mangiatori di patate. La sua rivolta è tutta nella pittura che non ha il potere di cambiare il mondo e che l’artista paga con il manicomio e il suicidio. La mia è apparentemente più discreta, si legge meno sul volto o nei gesti, mi impedisce di vivere una vita normale, sorridente, ma non mi toglie la speranza, la convinzione che l’arte possa scuotere le coscienze e modificare il mondo, riaffermare il ruolo dell’artista/uomo nell’attraversamento del suo tempo. C’è un fronte dal quale arrivano Cartoline e lettere, caratterizzato da due tipologie, una esterna, dove si sommano stati di emergenza continui pandemia, guerra, terremoti mutamenti climatici e un fronte interno, quello dentro di noi, dove cresce l’inquietudine per un futuro non più ricco di promesse, ma teso a delineare sempre nuove minacce. È da questa duplice linea di combattimento che arrivano le cartoline, le lettere dal fronte Sono missive cariche di segni enigmatici: chiazze di colore dalle forme inquietanti, fantasmi cromatici, presenze/assenze spettrali. Altri segni, più espliciti e riconoscibili, paiono epifanie di volti, sagome di corpi scomposti, o frammenti di scritture scarabocchiate in una tregua della battaglia: caratteri appena accennati che lasciano spazio all’interpretazione del destinatario. Memorie indirizzate a chi è rimasto, e scruta nelle teche che raccolgono anonimi reperti alla ricerca ansiosa di un messaggio, una traccia di vita. La bicromia rosso/nero, cui si aggiunge talvolta un tocco di bordeaux, senza altre concessioni al colore. Sangue sparso, rappreso sull’asfalto, unghie smaltate di rosso che si mescolano al fango. La precarietà del materiale usato, il suo essere spiegazzato, stropicciato, si addice ancora di più alla tematica e ne amplifica la carica evocativa. Festoni di carta scottex e fotografica. Supporti poveri, provvisori con finta scrittura come ideogrammi che parlano di eventi dolorosi, della contemporaneità, del tempo. Nel loro susseguirsi raccontano il conflitto, la mancanza di tregua all’interno e all’esterno dell’uomo. Mettono in risalto la fragilità e la frammentarietà dell’esistenza, ma anche il desiderio di restare attaccati alla vita. Altri materiali utilizzati, pannelli di polistirolo e sculture piane di acciaio inossidabile su cui le cartoline restano “aggrappate”, rappresentano l’inquietudine, il dramma collettivo e individuale sublimato dalla leggerezza, dal balsamo dell’arte. Sono cartoline destinate a tutti noi che, in questi tempi di precarietà, aspettiamo notizie dal fronte, sgomenti per le molteplici forme assunte dal male, soggetti a condizioni estreme che lanciano una sfida ai limiti biologici. Noi che non ci arrendiamo, continuiamo a lottare, tenacemente legati ad un filo di speranza.
Nino Tricarico  Potenza 1938, pittore e scultore italiano.  Nel 1957 a Napoli segue gli studi alla Facoltà di Chimica, contemporaneamente frequenta la cerchia di artisti raccolti intorno all'Accademia di Belle Arti. Sul finire degli anni 60 torna in Basilicata per stabilirsi a Potenza, e da allora espone in Italia e nel mondo. A partire dagli anni 80, insieme a Gerardo di Fiore, Errico Ruotolo, Massimo Bignardi e altri, ha fondato il gruppo del "Nuovo Lirismo".