Novembre 2022
Al peggio non c’è fine
di Cecilia Corradini
Partendo
dalla
frase
di
Rita
Levi
Montalcini
("Non
temete
i
momenti
difficili:
il
meglio
viene
da
lì”)
mi
chiedo
quale
“meglio”
possiamo
trarre
da
questi
tempi
così
difficoltosi
e
complicati.
Sembra più realistico l’adagio “al peggio non c’è mai fine”.
Sulla
saggezza,
lungimiranza
e
capacità
di
vedere
il
mondo
nel
suo
insieme
prevalgono
i
sordidi
sentimenti
umani,
la
piccolezza
tutta
interiore
dell’essere
umano.
Una
Weltanschaung
alla
rovescia
in
cui
il
bene
dell’umanità
è
racchiuso
entro
confini
nazionali
in
nome
della
libertà.
Ma
quale
libertà?
Quella
di
andare
diritti
sull’orlo
del
baratro
combattendo
fieramente
e
stoltamente,
inquinando,
distruggendo
e
uccidendo.
Sono
questi
i
nostri
valori?
E
noi
artisti
cosa
facciamo?
Ben
poco.
Tuttavia
dobbiamo
chiederci
cosa
possiamo
fare.
Purtroppo
ognuno
cura
il
proprio
orticello.
RI-cominciamo
sembra
un
buon
tentativo
per
collettivizzare almeno gli intenti.
L’analisi
di
Giorgio
è
perfetta,
condivido
tutto,
nulla
da
aggiungere,
e
dunque
cosa
fare?
Se
ammettiamo
che
la
guerra
è
distruzione
da
che
parte
dobbiamo
stare?
Se
l’arte
è
impotente
di
fronte
alla
guerra
agiamo
almeno
contro
la
distruzione
del
pianeta.
Nel
mio
orticello,
avevo
incominciato
12
anni
fa
a
preoccuparmi
del
surriscaldamento
globale,
prima
ancora
dei
Friday
for
Future
di
Greta.
Indagando
avevo
constatato
che
si
erano
già
tenute
innumerevoli
conferenze
e
World
Forum
sui
problemi
climatici.
Un
“bla
bla
bla”
che
fino
a
poco
tempo
fa
non
aveva
dato
risultati
tangibili.
Poi
qualcosa
si
è
mosso,
salvo
scoprire
che
le
guerre
cancellano
i
buoni
propositi
di
salvare
il
pianeta:
si
ritorna
addirittura
al
carbone
e
magari
pure
al
nucleare,
il
gas
è
irrinunciabile
per
parecchi
anni
ancora.
I
mercati,
i
profitti
stratosferici di pochi e la povertà di molti …….
Per
tornare
al
mio
orticello,
dodici
anni
fa,
in
seguito
ai
vari
campanelli
d’allarme,
incominciai
a
dipingere
ghiacciai
visti
dallo
spazio
e
frontalmente,
compresa
la
Marmolada.
Già
allora
si
parlava
del
ritiro
dei
ghiacciai
dovuto
all’innalzamento
della
temperatura.
Ma
a
nessuno
importava
nulla
dei
ghiacciai,
le
tele
finirono
in
cantina
e
qualcuna
è
stata
riciclata.
Ora
dovrebbero
essere
rispolverate
per
comparire
in
una
prossima
mostra
alla
permanente (non si sa ancora quando).
Ma
tutto
questo
a
che
serve?
Riuscire
a
rendere
qualche
persona
in
più
consapevole
dei
problemi
climatici,
mi
sembra
ben
poco.
Ci
vorrebbe un’ampia azione collettiva.
Il
millenario
passaggio
da
homo
faber
a
homo
sapiens
è
approdato
a
quella
scintilla
dell’immaginario
che
ha
dato
luogo,
40.000
anni
fa,
all’arte
e
dunque
alla
capacità
di
astrazione.
Riusciremo
a
usare
il
nostro
immaginario
per
aprire
spiragli
di
pace
,
per
combattere
il
degrado
ambientale
e
per
andare
verso
una
società
più
giusta?
Se
una
ragazzina
come
Greta
è
riuscita
ad
attirare
l’attenzione
sul
nostro
unico,
maltrattato
pianeta,
noi
cosa
possiamo fare? Questa è la sfida.