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| © blogMagazine pensato, realizzato e pubblicato in rete da Giorgio Seveso  dal 2011   |    Codice ISSN 2239-0235 |

Novembre 2022

Al peggio non c’è fine

di Cecilia Corradini Partendo dalla frase di Rita Levi Montalcini ("Non temete i momenti difficili: il meglio viene da lì”) mi chiedo quale  “meglio” possiamo trarre da questi tempi così difficoltosi e complicati. Sembra più realistico l’adagio “al peggio non c’è mai fine”. Sulla saggezza, lungimiranza e capacità di vedere il mondo nel suo insieme prevalgono i sordidi sentimenti umani, la piccolezza tutta interiore dell’essere umano. Una Weltanschaung alla rovescia in cui il bene dell’umanità è racchiuso entro confini nazionali in nome della libertà. Ma quale libertà? Quella di andare diritti sull’orlo del baratro combattendo fieramente e stoltamente, inquinando, distruggendo e uccidendo. Sono questi i nostri valori? E noi artisti cosa facciamo? Ben poco. Tuttavia dobbiamo chiederci cosa possiamo fare.  Purtroppo ognuno cura il proprio orticello. RI-cominciamo sembra un buon tentativo per collettivizzare almeno gli intenti. L’analisi di Giorgio è perfetta, condivido tutto, nulla da aggiungere, e dunque cosa fare? Se ammettiamo che la guerra è distruzione da che parte dobbiamo stare?  Se l’arte è impotente di fronte alla guerra agiamo almeno contro la distruzione del pianeta.  Nel mio orticello, avevo incominciato 12 anni fa a preoccuparmi del surriscaldamento globale, prima ancora dei Friday for Future di Greta. Indagando avevo constatato che si erano già tenute innumerevoli conferenze e World Forum  sui problemi climatici. Un “bla bla bla” che fino a poco tempo fa non aveva dato risultati tangibili. Poi qualcosa si è mosso, salvo scoprire che le guerre cancellano i buoni propositi di salvare il pianeta: si ritorna addirittura al carbone e magari pure al nucleare, il gas è irrinunciabile per parecchi anni ancora. I mercati, i profitti stratosferici di pochi e la povertà di molti ……. Per tornare al mio orticello, dodici anni fa, in seguito ai vari campanelli d’allarme, incominciai a dipingere ghiacciai visti dallo spazio e frontalmente, compresa la Marmolada. Già allora si parlava del ritiro dei ghiacciai  dovuto all’innalzamento della temperatura. Ma a nessuno importava nulla dei ghiacciai, le tele finirono in cantina e qualcuna è stata riciclata. Ora dovrebbero essere rispolverate per comparire in una prossima mostra alla permanente (non si sa ancora quando). Ma tutto questo a che serve?  Riuscire a rendere qualche persona in più consapevole dei problemi climatici, mi sembra ben poco. Ci vorrebbe un’ampia azione collettiva. Il millenario passaggio da homo faber a homo sapiens è approdato a quella scintilla dell’immaginario che ha dato luogo, 40.000 anni fa, all’arte e dunque alla capacità di astrazione. Riusciremo a usare il nostro immaginario per aprire spiragli di pace , per combattere il degrado ambientale e per andare verso una società più giusta? Se una ragazzina come Greta è riuscita ad attirare l’attenzione sul nostro unico, maltrattato pianeta, noi cosa possiamo fare? Questa è la sfida.

riContemporaneo.org | opinioni, polemiche, proposte sull’arte contemporanea

12 Cecilia Corradini  (C.M.Conrad)  Vive e lavora a Milano dal 1968. Dopo alcuni anni all’estero in Germania, Francia e Inghilterra, si è laureata in Lingue e Letterature Straniere. Ha affiancato l’insegnamento dell’inglese alla pittura seguendo innumerevoli corsi. Socia della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano.
Collapse, 2019, 70x200 Here and there, 150x120

polemiche e proposte sull’arte contemporanea

12

Novembre 2022

Al peggio non c’è fine

di Cecilia Corradini Partendo dalla frase di Rita Levi Montalcini ("Non temete i momenti difficili: il meglio viene da lì”) mi chiedo quale  “meglio” possiamo trarre da questi tempi così difficoltosi e complicati. Sembra più realistico l’adagio “al peggio non c’è mai fine”. Sulla saggezza, lungimiranza e capacità di vedere il mondo nel suo insieme prevalgono i sordidi sentimenti umani, la piccolezza tutta interiore dell’essere umano. Una Weltanschaung alla rovescia in cui il bene dell’umanità è racchiuso entro confini nazionali in nome della libertà. Ma quale libertà? Quella di andare diritti sull’orlo del baratro combattendo fieramente e stoltamente, inquinando, distruggendo e uccidendo. Sono questi i nostri valori? E noi artisti cosa facciamo? Ben poco. Tuttavia dobbiamo chiederci cosa possiamo fare.  Purtroppo ognuno cura il proprio orticello. RI- cominciamo sembra un buon tentativo per collettivizzare almeno gli intenti. L’analisi di Giorgio è perfetta, condivido tutto, nulla da aggiungere, e dunque cosa fare? Se ammettiamo che la guerra è distruzione da che parte dobbiamo stare?  Se l’arte è impotente di fronte alla guerra agiamo almeno contro la distruzione del pianeta.  Nel mio orticello, avevo incominciato 12 anni fa a preoccuparmi del surriscaldamento globale, prima ancora dei Friday for Future di Greta. Indagando avevo constatato che si erano già tenute innumerevoli conferenze e World Forum  sui problemi climatici. Un “bla bla bla” che fino a poco tempo fa non aveva dato risultati tangibili. Poi qualcosa si è mosso, salvo scoprire che le guerre cancellano i buoni propositi di salvare il pianeta: si ritorna addirittura al carbone e magari pure al nucleare, il gas è irrinunciabile per parecchi anni ancora. I mercati, i profitti stratosferici di pochi e la povertà di molti ……. Per tornare al mio orticello, dodici anni fa, in seguito ai vari campanelli d’allarme, incominciai a dipingere ghiacciai visti dallo spazio e frontalmente, compresa la Marmolada. Già allora si parlava del ritiro dei ghiacciai  dovuto all’innalzamento della temperatura. Ma a nessuno importava nulla dei ghiacciai, le tele finirono in cantina e qualcuna è stata riciclata. Ora dovrebbero essere rispolverate per comparire in una prossima mostra alla permanente (non si sa ancora quando). Ma tutto questo a che serve?  Riuscire a rendere qualche persona in più consapevole dei problemi climatici, mi sembra ben poco. Ci vorrebbe un’ampia azione collettiva. Il millenario passaggio da homo faber a homo sapiens è approdato a quella scintilla dell’immaginario che ha dato luogo, 40.000 anni fa, all’arte e dunque alla capacità di astrazione. Riusciremo a usare il nostro immaginario per aprire spiragli di pace , per combattere il degrado ambientale e per andare verso una società più giusta? Se una ragazzina come Greta è riuscita ad attirare l’attenzione sul nostro unico, maltrattato pianeta, noi cosa possiamo fare? Questa è la sfida.
Collapse, 2019, 70x200 Here and there, 150x120 Cecilia Corradini  (C.M.Conrad)  Vive e lavora a Milano dal 1968. Dopo alcuni anni all’estero in Germania, Francia e Inghilterra, si è laureata in Lingue e Letterature Straniere. Ha affiancato l’insegnamento dell’inglese alla pittura seguendo innumerevoli corsi. Socia della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano.