UNA LETTERA
DI GILBERTO CARPO
Quando
è
incominciata
la
seconda
guerra
mondiale
avevo
6
anni,
il
10
giugno
1940
la
dichiarazione
di
guerra
l’ho
sentita
alla
radio,
e
vi
giuro
che
la
tensione,
l’ansia
e
preoccupazione
in
tutti
i
presenti
della
mia
famiglia
erano
altissime.
Inutile
dire
quali
sono
stati
i
disastri,
i
morti,
i
bombardamenti
sui
civili,
le
grandi
città
rase
al
suolo,
le
vittime
donne,
bambini,
anziani,
nulla
di
diverso
rispetto
a
ciò
che
succede
oggi
in
Ucraina.
Voi
li
vedete
alla
televisione
e
sapete
quanto
orrore
vi
fanno.
Io
li
ho
visti
dal
vero,
un
giorno
del
1944
a
Torino.
Non
vi
so
dire
l’impressione
che
fece
su
un
bambino
di
nove anni.
Finita
la
guerra,
questa
mostruosa
e
quasi
innominabile
cosa,
quante
e
quali
sono
state
le
conseguenze,
le
inevitabili
conseguenze
continuate
per
anni:
crisi,
depressioni,
odi,
miserie,
disoccupazioni,
umiliazione
erano
per
tutti,
vincitori
e
vinti,
ma
soprattutto
chi
piangeva
i
propri
morti,
le
madri
i
propri
figli,
le
mogli
i
propri
mariti,
così
come
è
stato
per
mia
madre
piangere
per
suo
marito,
così
come
è
stato
per
me
e
mia
sorella
piangere
nostro padre.
Oggi
viviamo
nella
precarietà
e
nella
pericolosità
di
una
estensione
di
una
guerra
con
le
stesse
caratteristiche
e
la
stessa
pericolosità,
anzi
ancora
di
più
per
via
delle
armi
nucleari.
L’invasione
dell’Ucraina,
l’impossibilità
voluta
dalle
parti
di
una
distensione,
di
un
dialogo
effettivo,
varie
giustificazioni
al
proprio
stato
con
il
solo
obbiettivo
di
condurre
la
guerra.
Un
occidente
che
sembra
voler
soffiare
sul
fuoco
mandando
armi
con
la
sola
retorica
di
salvare
la
democrazia,
i
valori
dell’occidente.
Ma
forse
stiamo
dimenticando
quali
sono
stati
questi
valori:
colonialismi,
invasioni,
sfruttamento
del
suolo,
ingiustizie,
imperi devastati di uomini, di civiltà, di culture, tutto questo con nomi e cognomi e date.
Certo
non
voglio
giustificare
l’invasione
russa
sul
suolo
ucraino.
Ma
le
dichiarazioni
della
NATO,
dell’Inghilterra
e
dell’Europa,
della
stessa
Italia
e
degli
USA
non
fanno
pensare
a
una
volontà
di
trattative
di
pace,
e
nulla
mi
fa
credere
che
ve
ne
sia
l’intenzione.
Le
decisioni
vengono
prese
dai
vertici
degli
Stati
per
motivi
segretati
e
la
gente
continua
morire,
soffrire,
vede
svanire
il
futuro,
vede
devastare
ogni
sentimento
di
vita,
l’amore,
l’essere
felici.
L’uomo
non
è
cambiato,
vige
ancora
la
retorica
dei
nazionalismi,
degli
eroismi
stupidi
e
malsani.
Siamo
ancora
nella
cruenta
mostruosità
del
passato.
E
la
mia
coscienza di uomo e di artista si ribella.
Come
artista,
o
dipingerò
mostri,
o
l’uomo
per
me
non
è
più
degno
di
essere
rappresentato sulla tela. Altri saranno i miei contenuti e la mia forma.