novembre 2022
DIARIO DI PITTURA
(a pié di pagina la cronaca di un indedito
«spazio espositivo»)
di Ferdinando Greco
Caro
Giorgio,
la
guerra
in
Ucraina
non
si
risolve,
anzi
il
pulsante
rosso
e
russofono
dell'arma
nucleare
tattica
minaccia
di
essere
premuto
e
il presidente
USA
Biden
lo
dice
possibile
perché Putin
non
scherza.
Per
la
verità
poi
ciò
viene
ridimensionato
ma
subentra
il
presidente
ucraino
Zelensky
a
dichiarare
che
siamo
sull'orlo
della
catastrofe atomica così in noi l'angoscia aumenta.
Per
questo,
quando
mi
è
capitato
tra
le
mani
un
vecchio
quadro
del
2015
mi
è
sembrato
che
andava
riconvertito
da
psicologico
in
apocalittico
dunque
via
la
scritta
grande
in
basso
che
peraltro
disturbava
e,
sempre
in
basso,
sono
intervenuto
realizzando
un
mondo spento (il nostro) con una nuova scritta:
Armageddon
"Non
credo
che
esista
la
capacità
di
impiegare
facilmente
un'arma
nucleare
tattica
e
non
finire
con
l'
Armageddon"
(Karine
Jean-
Pierre,
portavoce
della
Casa
Bianca).
Per
chiarire
meglio
ho
riletto
l'Apocalisse
di
san
Giovanni
da
cui
stralcio:
"Udii
poi
una
gran
voce
dal
tempio
che
diceva
ai
sette
angeli:
andate
e
versate
le
sette
coppe
dell'ira
di
Dio...
nel
luogo
che
in
ebraico
si
chiama
Armaghedòn ".
Stai
attento,
mi
sono
anche
detto,
che
il
mondo
morto
in
basso
è
quello
dei
tombini
degli
anni
70
ovvero
la
Pompei
d'oggi
dove
però
non
esplode
più
un
vulcano
seppellendola
(nel
quadro
il
cratere
è
spento)
ma
un
mezzo
tecnologico
che
piove
giù
dal
cielo
come
quello
in
alto
nel
quadro
cioè
l'irrazionale
portato
da
un
mezzo
razionale.
Tutto
ciò
fa
pensare,
dunque
perché
non
pubblicare
sul
Ricontemporaneo l'opera nella versione attuale? Vedi tu.
Intanto
ti
invio
il
quadro
come
era
prima
della
sua
riconversione
e
come
è
diventato
ora:
"Armageddon"
(cm.
150
x
200
-
anno
2015/2022)
Dal
mio
diario
di
lavoro,
ecco
un’altra
opera
dedicata
in
tempi
diversi
alle
guerre
e
alla
pace:
L’ARCAICO
SACRIFICALE
E
IL
TEMPO
ULTIMALE 2009/2022
14-03-2009
–
Inizio
un
nuovo
quadro
dove
ho
posizionato un grande vetro.
23-01-2014
–
Vado
a
tirar
fuori
il
quadro
con
il
grande
vetro
che
già
mi
aveva
calamitato
il
19
scorso
ma
poi
non
era
sortito
nulla,
ora
invece
so
cosa
fare
e
come
riprenderlo….
faccio
tutto
in
fretta
e
mi
ferisco
anche
con
uno
spezzone
di
vetro
traditore
mentre
lo
sagomo
a
forma
di
iceberg
la
cui
punta
colloco
sotto
il
piede
sinistro
della
figura
su
PVC annerito che avevo realizzato prima.
05-10-2022
–
Vado
allo
studio
ed
estraggo
dal
deposito
il
quadro,
continuo
a
guardarlo
attratto
dal
suo
potenziale
però
irrisolto
che
aspetta
da
otto
anni
(2014)
ma
anche
da
tredici
quando
è
iniziato
(2009).
08-10-2022
–
Mi
sveglio
angosciato
per
la
minaccia
atomica
che
Putin
continua
ad
evocare
e
intanto,
come
questa
notte,
a
mandare
missili
che
hanno
fatto
morti
e
distrutto
un
ospedale
“Siamo
sull’orlo
della catastrofe atomica” dice il presidente ucraino Zelensky.
11-10-2022
–
“E’
cambiata
la
natura
della
guerra”
dice
anche
il
presidente
francese
Macron.
Sì,
siamo
alla
cultura
della
paura
e
della crisi.
14-10-2022
–
L’opera
ha
acquistato
accenti
goyeschi
soprattutto
c’è
una
testa
cadaverica
insanguinata
casualmente
uscita
fuori
dopo
una
“gettatezza”
di
rosso
sulla
superficie
del
quadro.
La
testa
di
profilo
è
al
centro
del
quadro,
guarda
verso
il
basso
da
sotto
il
livello
dell’acqua
insanguinata.
Prima
non
la
vedevo
ma
adesso
perché
la
vedo?
Probabilmente
per
la
dinamica
del
quadro
spezzata,
convulsa,
turbolenta
e
in
tumulto
che
temevo
mi
sfuggisse
di
mano,
non
riuscissi
a
controllare
e
che
richiedeva
tutta
la
mia
attenzione
fino
a
trascurare il particolare (della testa).
16-10-2022
–
Vado
presto
stamattina
allo
studio
per
vedere
cosa
è
successo
nella
notte
sul
quadro
convinto
di
trovarlo
essiccato
invece
permangono pozzanghere di colla vinilica e colore anche se ridotte.
17-10-2022
–
Allo
studio
c’è
ancora
da
aspettare
l’essiccazione,
basta!
Inclino
il
quadro
e
faccio
scorrere
via
le
pozzanghere
poi,
con
una
spugna
sfrego
via
liberando
uno
spazio
adatto
dove
inserire
un
rimando
più
realistico,
rifacendomi
alla
cronaca
della
guerra
in
Ucraina, con edifici distrutti.
18-10-2022
–
Continuo
con
gli
edifici
bombardati
e,
per
dare
spazio
e
farli
più
evidenti,
elimino
la
figura
alla
loro
destra,
spiace
ma
era
necessario
poi
mi
metto
a
rovistare
negli
scarti
tra
tele
e
PVC
dipinti,
tra
loro
c’è
una
testa
di
pecora,
capro
espiatorio
da
collocare
nel
quadro
in
basso
e
da
intendere
come
arcaica
simbolica
sacrificale,
quella
del
sistema
totalitario
putiniano
che
vuole
estendere
la
sua
influenza
e
far
prevalere
il
suo
mito,
ovvero
l’aspetto
magico-
persecutorio del suo pensiero aggressivo.
19-10-2022
–
Inserito
il
lacerto
dipinto
col
capro
espiatorio
o
caprone
o
pecora
mi
sembra
che
ora
i
tanti
elementi
vanno
insieme
a
comporre
una
visione
della
potenza
del
negativo
che
è
come
un
canto
disperato
sul
presente,
un
canto
tragico
di
una
coscienza
ferita,
anzi
insanguinata
dal
sangue
versato
del
capro
espiatorio
(ucraino).
20-10-2022
–
Mi
affretto
a
concludere
il
quadro
lavorando
intensamente.
21-10-2022
–
Questa
notte
metto
a
fuoco
il
titolo
da
dare:
“L’ARCAICO SACRIFICALE E IL TEMPO ULTIMALE”.
22-10-2022
–
Ancora
una
volta
la
violenza
cerca
di
giustificarsi
col
sacro,
con
la
guerra
santa
contro
il
male
come
dice
il
metropolita
Kirill.
Ma
l’ultima
violenza
giustificata
dal
sacro
non
doveva
essere
quella
sul
Cristo
crocefisso?
Poi
si
doveva
pregare,
come
diceva
Gesù,
in
spirito
senza
più
versamenti
di
sangue
né
animale
né
tantomeno
umano: questo è il senso della rivelazione.
PS.
Temo
che
la
lettura
del
testo
possa
dare
l’idea
che
sono
stato
rapido
e
sicuro
nel
lavoro
fatto
ma
quello
che
ho
trascritto
dal
diario
è
solo
una
parte
degli
appunti
presi
ma
abbreviati
per
non
eccedere,
in
realtà
ci
sono
stati
tanti
momenti
di
perplessità,
difficoltà,
pentimenti ecc.
N. 798+940 ORGANISMO UNICELLULARE
SOLO, DANNATAMENTE SOLO 1990/2022
Vinilici, PVC su tela – cm. 125 x215
27-12-1990
–
Prima
data
rinvenuta
sul
diario
e
nient’altro a proposito del quadro n. 798.
22-03-1995
–
Inizio
un
altro
quadro,
il
n.
940,
che
si fonderà col n. 798 (n.798+940)
21-10-2022
–
Incomincio
a
riprendere
il
quadro
“Strano
questo
supporre
che
il
profondo
sia
abitato
dalla
nostra
paura”
ma
lo
è
ancora
ed
è
sempre
l’
antica
paura
primordiale
rappresentata
come una divinità con gli occhi sbarrati.
30-10-2022
–
Emerge
un’altra
idea
o
meglio
l’emozione
che
ho
avuto
guardando
sul
giornale
del
27
scorso
una
fotografia
del
lancio
del
missile
balistico
intercontinentale
Tars
dal
cosmodromo
di Plesetsk, 800 chilometri a nord-ovest di Mosca.
“L’arcaica paura e il tempo ultimale” “Paura e mistica missilistica”
31-10-2022
–
…
ho
fatto
un
buon
lavoro
ieri,
tutto
sembra
funzionare,
manca
soltanto
il
missile
balistico
intercontinentale,
mi
metto a farlo ma fallisco.
Invece
cerco
di
trasformare
una
macchia
scura
e
ricurva
in
un
mollusco
o
grosso
verme
a
metà
tra
il
grande
mondo
e
il
bagliore
chiaro
sulla
destra.
Sì,
meglio
eliminare
il
missile
e
puntare
tutto
sul
mollusco,
vedere
il
quadro
come
se
la
distruzione
fosse
già
avvenuta,
rimane
solo
un
mollusco,
meglio
un
organismo
unicellulare,
a
continuare
la
vita
sulla
terra:
“Organismo
unicellulare
solo, dannatamente solo".
01-11-2022
–
Sembra
cessata
l’esuberanza
espressiva,
il
tumulto
delle
immagini,
subentra
la
stagnazione?
Vorrei
cancellare
anche
il
volto
della
paura
con
gli
occhi
sbarrati
e
concepire
il
grande
mondo
come
morto.
Forse
questo
sentimento
di
desolazione
viene
dall’avvertire
l’onnipotenza
di
una
cultura
cieca
più
funzionale
al
mercato
che
al
profondo.
Ancora
una
volta
vincerà
questa
cultura
che
privilegia
la
novità
superficiale
priva
di
radici,
l’oggetto
di
consumo
al
quale
subito
ne
subentra
un
altro
senza
sosta,
un
po’
come la moda?
E
ancora,
che
la
contemporaneità
del
consumo
porta
ad
una
infelicità
che
svuota
il
cuore,
tutti
i
cuori
degli
uomini
del
mondo
d’oggi,
un
vuoto
per
tutti
che
distrugge
la
speranza
e
che
ci
fa
sentire molluschi, vermi, poveri organismi unicellulari.
Dipingere
ancora,
anzi
continuare
a
farlo
testardamente
dopo
tanti
anni, mi sembra significhi avere fede.
02-11-2022
–
Ieri
ho
messo
a
fuoco
la
visione
e
il
significato
del
quadro,
c’è
poco
da
fare
per
finirlo:
ritocco
il
verme
unicellulare,
faccio
sparire
ogni
traccia
della
testa
in
basso
e
il
quadro
migliora
ma
migliora
ulteriormente
quando
rifaccio
più
evidente
in
basso
la
rotondità
del
grande
mondo
specie
ora
che
non
c’è
più
la
testa,
direi
che
l’intera
superficie
del
quadro
ha
acquistato
un’atmosfera
che
lo
avvolge
e
che
ricorda
lo
“sfumato”
leonardesco
ma
voglio
citare
quello
che
diceva
non
Leonardo
ma
Tiziano
a
proposito
dell’abbozzo
come
“fare
il
letto
alla
pittura”,
io
invece
sono
andato
dentro il letto della pittura (del primo quadro).
Per
concludere,
la
complessità
caotica
ma
vitale
del
quadro
del
1990/95
(“Strano
questo
supporre
che
il
profondo
sia
abitato
dalla
nostra
paura”)
si
è
trasfigurato
in
quello
di
adesso
(2022)
ordinato
ma
di
morte.
Noi
apparteniamo
ancora
a
quello
di
prima
o
dell’antropia ma paventiamo quello dell’entropia del quadro finale.
La
stessa
trasformazione
vale
per
la
paura,
quella
di
adesso
incosciente
o
semicosciente
ma
quella
di
dopo
sarà
cosciente
anche
se
dolorosissima
per
chi
sopravvive
sia
pure
un
singolo
organismo
unicellulare.
Riconoscersi
in
esso
contribuirà
a
renderci
più
coscienti
fin
d’ora
(pressione
antropica
sul
mondo)
e
magari
a
sviluppare
un’arte
ed
un
pensiero
che
mancano
o
vengono
impediti
dall’onnipotenza della cultura del mercato.
UN INEDITO «SPAZIO ESPOSITIVO»
Non
ha
diretta
attinenza
con
la
guerra
e
la
pace
e
con
i
problemi
attuali
del
mondo,
ma
ci
tengo
ora
a
segnalarvi
una
bella
storia
di
condivisione
e
cooperazione.
Attorno
al
periodo
di
Natale
e
Capodanno
due
quadri
sono
stati
scelti
per
essere
esposti
nell'atrio
d’ingresso
dello
stabile
in
cui
vivo
da
molti
anni.
Diversi
condomini,
ciascuno
con
le
proprie
diversità,
hanno
operato
per
la
riuscita
del
progetto,
e
ne
è
nata
un'occasione
di
festa
e
di
partecipato
confronto
collettivo
assolutamente
inedita.
Un
piccolo
gesto
di
semplice
attuazione
ma
a
suo
modo
assai
significativo,
per
rendere l'arte più accessibile a tutti...
Ma
ecco
una
riflessione
attorno
a
questo tema:
Sul popolo dell’arte
E’
da
un
po’
di
tempo
che
mi
chiedo
qual
è
il
popolo
dell’arte
oggi.
Quello
teorizzato
da
critici
d’arte
come
Bonito
Oliva
(che
così
lo
chiama),
quello
dei
consumatori
d’arte
intesa
come
oggetto
di
investimento
economico
per
raffinati
collezionisti
che
si
sentono
e
sono
veramente un’ élite?
Accanto
a
loro
però
c’è
un
altro
popolo,
anzi
il
grosso
del
popolo,
ma
è
fuori,
lontano
e
come
intimidito
dal
linguaggio
cifrato,
criptico,
elitario
impiegato
nei
circuiti
d’arte.
Questo
popolo
non
capisce
e
si
ritira,
così
è
da
tempo
che
è
in
atto
un
vistoso
distacco,
ciò
mi
sembra
un
problema
e
l’arte
deve
farsene
carico,
chiedersi
come
avvicinare
il
grosso del popolo che si è autoemarginato.
A
proposito
gli
artisti
tacciono
quando
invece
ne
avrebbero
di
cose
da
dire,
naturalmente
a
loro
modo,
il
mio
è
quello
del
diario
d’arte.
Infatti
ogni
anno
realizzo
un
diario
molto
voluminoso
da
cui
estraggo
i
testi
che
solitamente
accompagnano
ogni
mia
opera
ultimata.
Si
tratta
di
un
testo
che
nessun
critico
d’arte
potrebbe
scrivere,
qualcosa
di
unico
e
personale
dove
c’è
la
storia
dell’opera
realizzata
che
sembra
un
racconto
ma
anche
sfiora
la
filosofia
oppure
si
nutre
di
scienza
verificata
dai
mezzi
espressivi
che
impiego,
la
pittura.
Insomma
il
testo
raccoglie
tutto
ciò
che
riverso
nella
mia
pittura:
pensiero, sentimento, emozione ecc…
Per
la
verità
un
tempo
ricorrevo
a
scrivere
sull’opera
anche
lunghissimi
testi
ma
pittura
e
scrittura
difficilmente
riuscivano
a
coabitare
perciò
ho
ripreso
a
riservare
l’intera
superficie
del
quadro
alla
pittura
e
quella
del
diario
alle
note
che
prendevo
di
sovente
mentre
dipingevo.
Naturalmente
mi
spiaceva
spogliare
il
quadro
dal
testo
che
lo
riguardava
in
quanto
il
testo
era
utile
per
dare
al
popolo
(elitario
o
no)
uno
strumento
di
comprensione,
unificante
e
di
approfondimento
al
posto
di
uno
sguardo
veloce
sul
tipo
“mi piace” o “non mi piace”.
Questo
Natale
però
mi
ha
portato
il
dono
di
realizzare
l’unione
quando
ho
avuto
la
richiesta
di
esporre
dei
miei
quadri
nell’atrio
condominiale
dove
abito
ed
è
stata
la
volta
di
mettere
in
contatto
i
condomini
col
mio
lavoro
senza
più
separare
il
dipinto
dai
testi
tratti
dal
diario
perché
dopo
averli
esternati
parlando
a
braccio
all’inaugurazione
facevo
presente che potevo dare il testo a chi me lo richiedeva.
Nell’atrio
di
ingresso
ora
ci
sono
due
miei
grandi
quadri
(tra
i
più
sorgivi)
uno
che
titola
“Infinito
abissale”
che
ci
trasporta
in
una
dimensione
di
infinito
e
di
profondo
al
di
là
del
nostro mondo di paura, ieri della pandemia e oggi della guerra in Ucraina.
Il
secondo
quadro
titola
“Liberazione
nostra
possibile?
Possibile!”
con
un
grande
orizzonte di mare e una spiaggia che si fa spiaggia della creazione.